Sentenza Corte dei Conti Centrale d’Appello Sez. II 41 del 2022.
La Corte dei Conti Centrale d’Appello con una sentenza interessantissima qui allegata, torna sulla questione dell’applicabilità dell’art. 54 DPR 1092 del 1973 anche alla Polizia di Stato e alla Polizia Penitenziaria dopo l’entrata in vigore della L. 234 del 30.12.2021.

Commento Avv. Matteo Pavanetto.

Come noto, con l’entrata in vigore della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022), l’applicazione dell’art. 54 DPR 1092 del 1973 nella misura indicata dalla Corte dei Conti a Sezioni Riunite con le sentenze 1 e 12 del 2021 è stata estensa in favore del personale delle Forze di polizia a ordinamento civile.
Dispone, infatti, l’art. 1, comma 101, L. 234 del 2021:

 “Al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile, in possesso, alla data del 31  dicembre   1995, di un’anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, effettivamente maturati, si applica, in relazione alla specificità riconosciuta ai sensi dell’articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183,  l’articolo  54 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica  29 dicembre 1973, n. 1092, ai fini del calcolo della  quota  retributiva della pensione da liquidare con il sistema misto, con  applicazione dell’aliquota del 2,44 per cento per ogni anno utile”

La normativa sopravvenuta ha posto alcuni interrogativi che la Seconda Sezione della Corte dei Conti Centrale d’Appello, nella sentenza in commento, ha tentato di risolvere.

Il quesito:

La norma ha una portata retroattiva, incidendo sulle pensioni già in corso di erogazione?

Il tenore letterale del comma 101, in ossequio al principio di irretroattività della legge civile, di cui all’art. 11 disp. prel. c.c., sembra destinare il beneficio pensionistico esclusivamente a coloro che transiteranno in quiescenza a decorrere dall’1.01.2022.

Depone in tal senso  la locuzione “personale delle Forze di polizia” – riferibile a coloro che prestano ancora servizio attivo – nonché la proposizione “ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione da liquidare con il sistema misto” che sembrerebbe rinviare ai soli trattamenti pensionistici futuri. 

Tuttavia, prosegue la Seconda Sezione della Corte dei Conti Centrale d’Appello, l’art. 12 delle stesse “preleggi”  invita l’interprete di qualsiasi legge a non “attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”.

Proprio per poter adeguatamente “indagare” l’intenzione del legislatore, la Corte dei Conti esamina la relazione illustrativa, allegata agli Atti parlamentari – 150 – Senato della Repubblica – n. 2448,  in cui si legge:

La disposizione è volta ad assicurare il mantenimento della sostanziale equi ordinazione all’interno del Comparto sicurezza e difesa, in relazione alla “specificità” prevista dall’articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, anche con riferimento alle modalità di determinazione del trattamento pensionistico del personale in regime di sistema misto, che al 31 dicembre 1995 aveva maturato una anzianità contributiva inferiore a 18 anni. L’intervento estende al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile l’applicazione dell’articolo 54 del D.P.R. n. 1092 del 1973, in attuazione dell’interpretazione delle Sezioni riunite della Corte dei Conti, contenuta nelle sentenze nn. 1 e 12 del 2021, secondo cui – al fine di rendere coerenti due riforme non coordinate (quella del richiamato D.P.R. n. 1092 del 1973 e quella di cui alla legge n. 335 del 1995) – la quota retributiva della pensione da liquidarsi con il sistema misto, ai sensi dell’articolo 1, comma 12, della legge n. 335 del 1995, in favore del personale militare cessato dal servizio e che al 31 dicembre 1995 vantava un’anzianità inferiore a 18 anni, va calcolata tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati alla predetta data, con applicazione dell’aliquota del 2,44 per cento per ogni anno utile. Si tratta di una interpretazione che rende attuale la mancata espressa estensione al personale della Polizia di Stato e della Polizia penitenziaria dell’articolo 54 del D.P.R. n. 1092 del 1973, applicato al medesimo personale, già militare, fino alla legge di riforma dell’Amministrazione della pubblica sicurezza (legge 1° aprile 1981, n. 121 La predetta mancata estensione, inoltre, non trova giustificazione nemmeno nella natura non militare del personale escluso in quanto lo stesso articolo 61 del D.P.R. del 1973, estende l’efficacia del citato articolo 54 al personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e del Corpo forestale dello Stato, entrambi ad ordinamento civile. Non risulta inoltre quantificato alcun risparmio di spesa derivante dal venir meno tra i destinatari dell’articolo 54 del D.P.R. n. 1092 del 1973 del personale della Polizia di Stato e della Polizia Penitenziaria, precedentemente ivi ricompreso in quanto militare.

L’applicazione dell’articolo 54 al personale della Polizia di Stato e della Polizia Penitenziaria rientra nell’ambito delle iniziative volte ad allineare il trattamento pensionistico a tutto il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, assicurando omogenee modalità di calcolo ai fini della determinazione dell’assegno di pensione, soprattutto per il personale cui si applica il sistema misto o solo contributivo.

La relazione chiarisce, quindi, la finalità perequativa della norma volta, in effetti, a colmare la disparità di trattamento che è venuta a crearsi proprio per effetto delle pronunce delle Sezioni Riunite 1 e 12 del 2021.

Né la norma, né la relazione allegata alla Legge 234 del 2021 ne chiarisce però la reale portata e non permette di rispondere al quesito circa la retroattività del comma 101.

Per cui, la Corte dei Conti analizza anche il comma 102 della Legge 234, dettato in tema di oneri di spesa.

Il comma 102 quantifica gli oneri sulla base dei seguenti criteri:

1) distinzione tra il personale interessato dalla prima sentenza n. 1 del 2021 delle Sezioni Riunite (>15 e <18 anni al 31/12/1995) e quello interessato dalla seconda sentenza n. 12 del 2021 (<15 anni al 31/12/1995); per queste due distinte categorie è stato calcolato l’incremento medio della pensione per effetto dell’applicazione della percentuale del 2.44%, anziché quella vigente;

3) per la determinazione dell’incremento per il personale già cessato è stato ridotto l’incremento medio annuale considerato per le cessazioni dal 2022, sulla base della percentuale media calcolata considerando gli aumenti retributivi intervenuti dal 1996 ad oggi;

4) è stato calcolato l’onere per le due categorie, relativo al decennio 2022/2031, considerando sia i pensionamenti dal 2022, sia l’onere relativo al personale cessato entro il 2021.

La II Sezione della Corte dei Conti Centrale d’Appello ritiene che “il documento preparatorio perimetri la platea dei destinatari, includendovi anche il personale già cessato dal servizio, per il quale risulta calcolato lonere economico nel decennio 2022-2031”. 

La decisione della Corte dei Conti.

In primo luogo, esclude che i commi 101 e 102 della L. 234 del 2021 abbiano efficacia pienamente retroattiva.

Ciò significa, in buona sostanza, che la Legge 234 del 2021 c. 101 e 102 NON si applica al personale di Polizia di Stato e Polizia Penitenziaria retroagendo al momento del loro effettivamente collocamento in congedo, il che significa che la rivalutazione della parte retributiva della loro pensione ex art. 54 DPR 1092 del 1973 nella misura del 2,44% annuo per ogni anno di servizio utile anteriore al 31.12.1995, non può essere fatta retroagire al momento del loro effettivo pensionamento (congedo).

Tuttavia, aggiunge la Corte,  “la legge nuova (la Legge 234 del 30.12.2021 commi 101 e 102) è applicabile ai fatti, agli status  e alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto passato, quando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in se stessi, prescindendosi totalmente dal collegamento con il fatto che li ha generati, in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore (Cass. civ., Sez. I, sentenza 3 luglio 2013 n. 16620). 

Per cui la Corte ricorre, nel caso di specie al c.d. principio di “retroattività temperata”.

Cioè, posto che  l’intenzione  manifesta del legislatore era, expressis verbis, quella di ristabilire un’armonia nel sistema previdenziale del comparto difesa e sicurezza, sicuramente compromessa dalla rilettura dell’art. 54, offerta dalle Sezioni riunite, in attuazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., rimane il fatto che la legge non può che disporre che per il futuro.

Tale affermazione, tuttavia, va coordinata con  l’esigenza di evitare disparità di trattamento (artt. 81,117 e 119 Cost.), talchè  l’unica soluzione ad evitare ogni effetto distorsivo e di diseguaglianza incompatibile con il dettato costituzionale è quella di ritenere che la rivalutazione della quota retributiva dei trattamenti pensionistici in esame, sulla base del nuovo coefficiente annuo del 2,44%, non possa che spiegare i suoi effetti sui ratei da liquidare a decorrere dal 1.01.2022.

Con conseguente applicabilità di tale soluzione anche ai giudizi in corso.

Un piccolo esempio:

se un Poliziotto è andato in pensione, poniamo il 31.12.2019 non troverà applicazione, a partire da tale data, la rivalutazione di cui all’art. 54, decorrendo invece dall’1.1.2022.

LA SOLUZIONE:

Nel caso di specie, l’appellante era un ex dipendente del Corpo di polizia penitenziaria – arruolato in data 4 gennaio 1982 e collocato in pensione a decorrere dal 9 ottobre 2015,  con pensione diretta ordinaria di inabilità liquidata con il sistema misto ed aveva maturato, alla data del 31.12.1995, un’anzianità contributiva di oltre 15 anni.

La soluzione adottata dalla Corte è quella di attribuirgli il diritto al ricalcolo del trattamento pensionistico ex art. 54 d.P.R. n. 1092/1973, come interpretato dalle Sezioni riunite con sentenza n. 1/2021, con l’applicazione dell’aliquota annua del 2,44% per ciascuno degli anni maturati fino alla data indicata, a decorrere dall1.01.2022.

Concludendo.

Chiunque, appartenente alla Polizia di Stato o alla Polizia Penitenziaria, andato in pensione con il c.d. sistema misto, a prescindere dal periodo in cui è stato collocato in congedo (pensione) ha diritto all’applicazione dell’art. 54 DPR 1092 del 1973 alla c.d. parte retributiva della sua pensione, ovvero a vedersi rivalutare nella misura del 2.44% annuo (e non del 2,33% come avviene oggi) ogni anno di servizio utili espletato sino al 31.12.1995, fermo restando che un tale diritto è maturato a far data dall’1.1.2022 prescindendo, come detto, dalla data di effettivo pensionamento.

Per cui ogni ex poliziotto o agente di polizia penitenziario andato in pensione con il sistema  misto ha diritto a tale rivalutazione a far data dall’1.1.2022.

INPS, tuttavia, non recepisce tale corretta interpretazione della Corte dei Conti Centrale d’Appello e non riconosce la rivalutazione a meno che non venga interposto apposito ricorso avanti alla Corte dei Conti competente per territorio.

Mi riservo aggiornamenti e vi allego la sentenza 82 del 2022 in copia integrale.

 

Avv. Matteo Pavanetto

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