Spetta anche ai c.d. docenti precari, ovvero docenti con contratti a tempo determinato, la c.d. carta del docente ovvero il bonus ministeriale di € 500,00 annui da utilizzare a fini didattici da parte di ogni singolo insegnate. Tutti hanno diritto a richiederlo ed ottenerlo – Avv. Matteo Pavanetto

La carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente dell’importo di 500 Euro annue è stata istituita dell’art. 1 c. 121 della legge n.107/2015 e, almeno sino ad una clamorosa quanto condivisibile pronuncia della Corte di Giustizia Europea, veniva corrisposta ai soli docenti con contratto a tempo indeterminato, con esclusione del beneficio ai docenti assunti a tempo determinati, i c.d. precari.

Per cui oggi, alla luce della dominante Giurisprudenza, ogni docente a tempo determinato in servizio alle dipendenze del Ministero dell’Istruzione, può legittimamente rivendicare, in relazione ai periodi in cui ha lavorato con contratti a tempo determinato, il diritto all’attribuzione della carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente istituita dall’art. 1, comma 121, della L. n. 107 del 2015, precedenza negata in forza di una circolare ministeriale ritenuta illegittima e che il Ministero deve, a questo punto, disapplicare.

Breve disamina normativa.

L’art. 1, comma 121, della L. n. 107 del 2015 prevede: “Al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, è istituita, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 123, la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. La Carta, dell’importo nominale di Euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione di cui al comma 124. La somma di cui alla Carta non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile“.

Il successivo comma 122 stabilisce: “Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i criteri e le modalità di assegnazione e utilizzo della Carta di cui al comma 121, l’importo da assegnare nell’ambito delle risorse disponibili di cui al comma 123, tenendo conto del sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale, nonché le modalità per l’erogazione delle agevolazioni e dei benefici collegati alla Carta medesima“.

Successivamente il Ministero, con l’evidente intento di restringere notevolmente la platea dei destinatari del beneficio, prevedeva all’art. 2, comma 1, del D.P.C.M. del 23 settembre 2015, adottato in attuazione della previsione del citato comma 122, che: “1. I docenti di ruolo a tempo indeterminato presso le Istituzioni scolastiche statali, sia a tempo pieno che a tempo parziale, compresi i docenti che sono in periodo di formazione e prova, hanno diritto all’assegnazione di una Carta, che è nominativa, personale e non trasferibile”.

Il Ministero dell’Istruzione ha emanava poi  la nota prot. n. (…) del 15 ottobre 2015 la quale, al punto 2 (“Destinatari”), ribadiva che “la Carta del docente (e il relativo importo nominale di 500 Euro/anno) è assegnata ai docenti di ruolo delle Istituzioni scolastiche statali a tempo indeterminato, sia a tempo pieno che a tempo parziale, compresi i docenti in periodo di formazione e prova, che non siano stati sospesi per motivi disciplinari“.

Successivamente, l’art. 3, comma 1, del D.P.C.M. 28 novembre 2016, nel sostituire il precedente D.P.C.M. del 2015, prevedeva e ribadiva che “La Carta è assegnata ai docenti di ruolo a tempo indeterminato delle Istituzioni scolastiche statali, sia a tempo pieno che a tempo parziale, compresi i docenti che sono in periodo di formazione e prova, i docenti dichiarati inidonei per motivi di salute di cui all’articolo 514 del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, i docenti in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati, i docenti nelle scuole all’estero, delle scuole militari”.

Per contro, tuttavia non veniva tenuto nel minimo conto l’art. 28 del CCNL del Comparto Scuola del 4 agosto 1995  il quale dispone: “la partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento costituisce un diritto per i capi di istituto e per il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario, in quanto funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo delle rispettive professionalità, anche in relazione agli istituti di progressione professionale previsti dal presente contratto“, né l’art. 63 del successivo CCNL del Comparto Scuola del 27 novembre 2007, il quale ribadisce che “la formazione costituisce una leva strategica fondamentale per lo sviluppo professionale del personale, per il necessario sostegno agli obiettivi di cambiamento, per un’efficace politica di sviluppo delle risorse umane. L’Amministrazione è tenuta a fornire strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio“.

La posizione della Giurisprudenza.

E’ intervenuto sull’argomento il Consiglio di Stato, Sez. VII, con sentenza n. 1842/2022, ha annullato il D.P.C.M. n. 32313 del 25 settembre 2015, ritenendo che il riconoscimento dalla carta docente ai soli assunti a tempo indeterminato delinei “un sistema di formazione “a doppia trazione“: quella dei docenti di ruolo, la cui formazione è obbligatoria, permanente e strutturale, e quindi sostenuta sotto il profilo economico con l’erogazione della Carta, e quella dei docenti non di ruolo, per i quali non vi sarebbe alcuna obbligatorietà e, dunque, alcun sostegno economico.

Tuttavia, a parere del Consiglio di Stato, un tale sistema collide con i precetti costituzionali di cui agli artt. 335 e 97 Cost., sia per la discriminazione che introduce a danno dei docenti non di ruolo, sia per la lesione del principio di buon andamento della P.A.

Del resto, continua il Consiglio di Stato, l’insostenibilità dell’assunto per cui la Carta del docente sarebbe uno strumento per compensare la pretesa maggior gravosità dell’obbligo formativo a carico dei soli docenti di ruolo, si evince anche dal fatto che la Carta stessa è erogata ai docenti part-time (il cui impegno didattico ben può, in ipotesi, essere più limitato di quello dei docenti a tempo determinato) e persino ai docenti di ruolo in prova.

In pratica, così come affermato dal Consiglio di Stato se la finalità della carta elettronica è quella di sostenere la formazione dei docenti e di curarne l’aggiornamento, non si spiega la differenziazione di trattamento tra docenti di ruolo e docenti a tempo determinato, posto che entrambi hanno un diritto ed un dovere di costante formazione ed aggiornamento, anche al fine di garantire la qualità dell’insegnamento.

Sulla questione  è di recente intervenuta anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con ordinanza del 18 maggio 2022 (causa C-450/2021, UC contro Ministero dell’Istruzione), la quale ha affermato la contrarietà dell’art. 1, comma 121, della L. n. 107 del 2015 alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio UE,  che garantisce parità di trattamento ai lavoratori precari quanto alle “condizioni di impiego” rispetto ai lavoratori assunti a tempo indeterminato comparabili.

In definitiva, secondo  la Corte di Giustizia Europea, la situazione dei docenti a tempo determinato è del tutto comparabile a quella dei docenti a tempo indeterminato dal punto di vista della natura del lavoro svolto e delle competenze professionali richieste e poiché non vi sono ragioni oggettive che possano giustificare il differente trattamento riservato ai docenti a tempo determinato, che non usufruiscono del beneficio della carta elettronica, pur avendo lo stesso diritto-dovere di aggiornarsi e formarsi, non può che evidenziarsi come il mancato riconoscimento della carta elettronica ai docenti con contratti a tempo determinato si ponga in contrasto sia con i principi costituzionali che con quelli eurounitari.

Va, pertanto, disapplicato l’art. 1, comma 121, della L. n. 107 del 2015, nella parte in cui riconosce la carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione ai soli docenti di ruolo e non anche ai docenti a tempo determinato. e va affermato il diritto della parte ricorrente a beneficiare, per ciascuna anno di assunzione con contratto a tempo determinato, della carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente.

Con la conseguenza che il Ministero dell’Istruzione e del Merito vada condannato ad attribuire al personale docente assunto a tempo determinato, per ciascun anno di assunzione con contratto a tempo determinato, il beneficio della carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di cui all’art. 1, commi 121 e ss., della L. n. 107 del 2015.

Per cui in buona sostanza tutti i docenti hanno diritto a vedersi attribuiti i 500€ annui quale indennità di formazione, c.d. Carta del docente con la conseguenza che tutti i precari, semplicemente dimostrando il loro rapporto annuale con il Ministero dell’Istruzione, producendo i vari contratti di lavoro a tempo determinato susseguitisi nel tempo,  potranno chiedere al Giudice del Lavoro i 500€ loro spettanti potendo domandare gli arretrati dovuti con termine prescrizionale decennale.

Innumerevoli sono già le sentenze favorevoli in merito e rimango a disposizione per qualsiasi necessità avendo lo studio tutte le competenze per rivendicare, presso il Ministero, le somme dovute a ciascun insegnante precario.

Forlì, lì 23.4.2023

 

Avv. Matteo Pavanetto

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