Faccio seguito al mio precedente articolo del 2023, in cui avevo  evidenziato come il sistema della rivalutazione automatica delle pensioni, adeguandole  al costo della vita, previsto, per gli anni 2023-2024 dall’art. 1 c. 309 della L 197 del 2022 (finanziaria) si ponesse in contrasto con gli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione Italiana.

Dopo un anno i vari ricorsi, oltre ad aver indotto il Governo Italiano a non riproporre, per il 2025, tale sistema di rivalutazione, comunemente definito perequazione, hanno indotto La Corte dei Conti della Toscana con ordinanza n. 33 del 2024, la Corte dei Conti della Campania con ordinanza n. 101 del 2024 e la Corte dei Conti della Lombardia n. 38 del 2024 a sospendere i vari giudizi pendenti rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale, non ritenendo manifestamente infondata la questione di costituzionalità proposta,  affinché la Consulta esamini se l’art. 1 comma 309 della Legge Finanziaria 197 del 2022 sia in linea con il dettato costituzionale e con i precedenti arresti della Corte esposti sul tema della perequazione nel 2015 (n. 70) e nel 2020 (n. 234).

Veniamo all’esame della ordinanza 33 del 2024 della Corte dei Conti della Toscana capofila dei Giudici che hanno ritenuto la non manifesta infondatezza dell’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 1 c. 309 L.197 del 2022  per contrasto con gli artt. 3, 36 e 38 Cost.

Nella stessa si legge che  la legittimità dei limiti alla rivalutazione di trattamenti pensionistici in deroga alla regola della proporzionalità della retribuzione alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, sancita dall’art. 36 , primo comma, Cost. è sempre stata ammessa nel contesto del bilanciamento con altri valori costituzionali, in primis i vincoli di bilancio ex art. 81 Cost.

A tale riguardo, evidenzia il Giudice Toscano – come principale elemento di novità rispetto al passato- la circostanza che la disposizione di cui alla L. 197/2022, limitativa della piena rivalutazione dei trattamenti pensionistici, è stata inserita nel contesto di una manovra espansiva ed in deficit , anche per effetto della sospensione delle regole eurounitarie del Patto di Stabilità di cui il novellato art. 81 Cost. rappresenta la proiezione interna.

Pertanto, in tale diverso contesto di manovra di bilancio, si pone un dubbio della non manifesta infondatezza della questione di 197/2022 in relazione art. 1, primo comma, art. 36, primo comma, e art. 38, secondo comma, Cost., in quanto il fondamento lavoristico della Repubblica (art. 1, primo comma, Cost.) appare in contrasto con le misure che riducono in modo particolarmente incisivo la proporzionalità e l’adeguatezza  della retribuzione, nello specifico nella forma di retribuzione differita rappresentata dal trattamento pensionistico previdenziale (artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost.), mentre lo stesso provvedimento legislativo destina stanziamenti particolarmente rilevanti in parte finanziati in deficit a finalità diverse e di minore pregnanza costituzionale. In altri termini, sorge un dubbio della non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale di una disposizione che impone sacrifici a carico dei lavoratori in quiescenza, mentre al contempo lo stesso provvedimento legislativo permette a diverse altre categorie di soggetti di beneficiare di rilevanti provvidenze a carico del bilancio dello Stato, in contrasto anche con il principio della ragionevolezza  di cui all’ art. 3 Cost.

Passando ai dubbi di legittimità costituzionale di portata più generale, è utile richiamare quanto argomentato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 70/2015, in continuità con la pregressa giurisprudenza ivi citata) sulla natura di retribuzione differita propria del trattamento pensionistico e sulla doverosità della perequazione automatica dei trattamenti medesimi: la perequazione automatica dei trattamenti pensionistici è uno strumento di natura tecnica, volto a garantire nel tempo il rispetto del criterio di adeguatezza di cui all’art. 38 c. 2 Cost.  Tale strumento si presta contestualmente a innervare il principio applicato, per costante giurisprudenza, ai trattamenti di quiescenza, intesi quale retribuzione differita (fra le altre, sentenza n. 208 del 2014 e sentenza n. 116 del 2013). Per le sue caratteristiche di neutralità e obiettività e per la sua strumentalità rispetto all’attuazione dei predetti  principi costituzionali, la tecnica della perequazione si impone, senza predefinirne le modalità, sulle scelte discrezionali del legislatore, cui spetta intervenire per determinare in concreto il quantum di tutela di volta in volta necessario.

Un tale intervento, però, deve ispirarsi ai principi costituzionali di cui agli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost., principi strettamente interconnessi, proprio in ragione delle finalità che perseguono. Il legislatore, sulla base di un ragionevole bilanciamento dei valori costituzionali deve «dettare la disciplina di un adeguato trattamento pensionistico, alla stregua delle risorse finanziarie attingibili e fatta salva la garanzia irrinunciabile delle esigenze minime di protezione della persona» (sentenza n. 316 del 2010). La giurisprudenza costituzionale mette in evidenza che la perequazione automatica dei trattamenti pensionistici deve assicurare il rispetto dei principi ex art. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost. sia sul piano della sufficienza sia su quello della proporzionalità.

Per cui la penalizzazione dei titolari di trattamenti pensionistici più elevati lede, infatti, non solo l’aspettativa economica (comunque già di per sé tutelata a livello costituzionale), ma anche la stessa dignità del lavoratore in quiescenza, in quanto in tale prospettiva la pensione più alta alla media non risulta considerata dal legislatore NON come il meritato riconoscimento per il maggiore impegno e capacità dimostrati durante la vita economicamente attiva, ma alla stregua di un mero privilegio, sacrificabile anche in una asserita ottica di equità intergenerazionale.

Sul tema della stabilizzazione sostanziale dei tagli della perequazione, in contrasto con il principio della temporaneità delle misure, deve essere richiamata anche la sentenza della Corte costituzionale n. 70/2015, nella parte in cui evidenzia, che, comunque, il sacrificio imposto al contribuente risulterà, per definizione, non transitorio bensì definitivo: deve, infatti, rammentarsi che, per le modalità con cui opera il meccanismo della perequazione, ogni eventuale perdita del potere di acquisto del trattamento, anche se limitata a periodi brevi, è, per sua natura, definitiva. Le successive rivalutazioni saranno, infatti, calcolate non sul valore reale originario, ma sull’ultimo importo nominale che dal mancato adeguamento è già stato intaccato.

Tra l’altro, continua la Corte dei Conti della Toscana, nella predetta ordinanza, il meccanismo della perequazione introdotto con la L. 197 del 2022 contrasta  con le norme civili del divieto della lesione del proprio diritto ultra dimidium (art. 1488 c.c.) e con il divieto di una rivalutazione della pensione inferiore al tasso legale (art. 1284 c. 1 c.c.) violazioni di norme in cui la L. 197 del 2022 incorre per quanto concerne la rivalutazione delle pensioni più alte.

In tal senso anche l’ultima ordinanza della Corte dei Conti della Lombardia con cui, condividendo le motivazioni dei Giudici Toscani e Partenopei, ha sospeso il giudizio pendente inviando gli atti alla Cosulta affinchè si pronunci sulla conformità o meno dell’art. 1 c. 309 L. 197 del 2022 al dettato costituzionale di cui agli artt. 3, 36 c. 1 e 38 c. 2 Cost.

Buon anno a tutti.

Avv. Matteo Pavanetto

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